Ha inaugurato il 28 settembre la mostra “GIAPPONISMO – Venti d’Oriente nell’arte europea” a Palazzo Roverella a Rovigo e siamo andati a visitarla in anteprima, molto curiosi all’idea di ritrovare l’influenza giapponese nell’arte europea della fine del diciannovesimo secolo.

L’esposizione si propone infatti di guidarci in un viaggio attraverso l’eccitante onda di Japonisme (Giapponismo in italiano, la corrente parte inizialmente da Parigi) ovvero la frizzante novità artistica che ha caratterizzato buona parte delle opere europee tra il 1860 e il 1915, arrivata fin da noi grazie alle importazioni in seguito all’apertura del Giappone dopo il lungo periodo di isolamento precedente l’epoca Meiji.

Le prime opere che arrivarono furono le stampe ukiyoe, con cui (racconta la leggenda, ma non fatichiamo a crederlo) venivano impacchettate le ceramiche e gli oggetti d’arte, che mostravano una visione completamente diversa dal paesaggismo a cui l’Europa era abituata da secoli. Hokusai, Hiroshige, Utamaro, divennero la finestra attraverso cui il Giappone si mostrava all’Europa portando nuove tecniche e aria di rinnovamento nell’arte. L’arte giapponese arrivò in prima istanza sulla scia delle “cineserie” (chinoiserie), ovvero l’oggettistica di pregio (ceramiche fini, paraventi e dipinti) che era già una moda ben radicata tra le famiglie abbienti dell’Ottocento (pensiamo al famoso “vaso Ming“), acquisendo però dopo poco tempo un carattere tutto suo: le finiture e lo stile erano peculiari e sebbene assimilabili ad un’arte orientale, costituivano un carattere a sè. Presero il nome di giapponeserie ed ebbero un ruolo fondamentale nel dare una svolta alle correnti artistiche della fine dell’Ottocento.

Giapponeserie e Giapponismo
Intanto facciamo un distinguo tra i due termini: col primo Giapponeserie si identificano tutta una serie di oggetti che arrivavano dal Giappone, come abbiamo detto, importati. Il termine Giapponismo indica invece la corrente artistica europea nata in seguito alla popolarità di questi oggetti giapponesi importati anche grazie alle varie Esposizioni Universali (EXPO) di fine ottocento, in cui l’influenza nipponica è ben percepibile.

Si parte da dipinti in cui venivano inseriti ventagli o ombrelli, decorazioni di chiara provenienza giapponese, fino a oggetti in cui i soggetti naturali, animali, paesaggi oppure lo stile o il formato, come ad esempio i dipinti “ad arco” che ricordano quelli dei ventagli giapponesi ne furono fortemente influenzati.

La mostra raccoglie una buona collezione di questi oggetti, dove perfino alcuni grandi artisti internazionali dell’epoca si cimentarono nell’esecuzione (Gauguin, Degas, MacIntosh, Klimt…) oltre ad una sezione propriamente giapponese, in cui le opere originali sono esposte anche a guidare il confronto con le interpretazioni europee. Impressionismo, Art Nouveau, paesaggismo italiano, tutti furono toccati dalla corrente, anzi dalla grande onda giapponese che non troppo lentamente investì l’Europa di fine secolo.
La grande onda di Kanagawa di Hokusai
La più famosa delle stampe dell’artista simbolo dell’ukyoe, il mondo fluttuante che ben si addiceva anche ai salotti ottocenteschi nobili europei, è in mostra qui prestata dal Museo Chiossone di Genova (e fino ai primi di dicembre, dove poi tornerà per fare posto ad un’altra famosa veduta del Monte Fuji di Hokusai, Kajikazawa nella provincia di Kai, quella con il pescatore che getta le reti sempre comunque a tema marino), a capeggiare e per confronto con una serie di opere in cui si ritrova come per gioco il tema dell’onda, la tecnica di resa della schiuma, i colori tipici delle stampe (colori ad acqua) ukyoe oppure ancora il formato.
La sezione giapponese
Una intera parte della mostra è dedicata principalmente alle stampe Ukyoe, con una selezione che spazia dai paesaggi e vedute ai ritratti di beltà, fino ai soggetti di uccelli e pesci. Sono presenti anche alcuni oggetti giapponesi particolari, come album di disegni per decorazioni di kimono, ceramiche, lacche e una simpatica aragosta in ferro snodabile che ricorda quella ritratta nel piatto da portata presente nella seconda sala.

Le stampe presenti in questa sala saranno scambiate agli inizi di dicembre con altre sempre provenienti dal Museo Chiossone per evitare che i delicati colori ad acqua degradino sotto la luce dei fari della mostra.
I poster e la grafica d’ispirazione giapponese
Il Giapponismo investi anche e sopratutto la grafica dell’epoca, evidente nei poster e pubblicità del tempo, riproducendo lo stile o i personaggi – tipicamente geishe o “giapponesine” con sfondi che richiamano il monte fuji o i tipici paesaggi nipponici naturali, con fiori di ciliegio. Mi ha molto colpito la pubblicità del Corriere della Sera 🙂
I dipinti giapponisti che mi hanno colpito
Non è propriamente un termine tecnico usare “dipinti finto giapponesi”, ma mi sono trovata a soffermarmi rapita davanti a due opere nel dubbio che fossero di fattura giapponese, che tra tutte quelle esposte mi hanno riservato un paio di piacevoli sorprese.

La prima, si trova all’entrata della mostra, sulla sinistra. Di Antonio Fontanesi, è un disegno a matita e tempere su carta del 1878 circa e si intitola “Ingresso di un tempio in Giappone“. A primo acchito potrebbe sembrare un’opera giapponese, in cui “qualcosa non torna”. Effettivamente dopo qualche minuto mi accorgo delle colonne di stampo greco/romano, con fusto scanalato e uno pseudo capitello corinzio che reggono il tetto dell’ingresso. La mia impressione era quella di trovarmi davanti all’ingresso del tempio Kasuga Taisha di Nara, probabilmente per via delle lanterne sulla destra.

Ne sono rimasta rapita. Leggendo poi la scheda dell’opera scopro che Antonio Fontanesi fu chiamato dal governo giapponese per apprendere le arti in Giappone per circa 10 anni durante gli anni 1868-78 per poi tornare a insegnare in Europa. Quest’opera fu eseguita da Fontanesi basandosi su fotografie dell’epoca – una nuova tecnologia di quel tempo! del tempio San’enzan Zojoji di Tokyo, con elementi presi da altre fotografie.

La seconda opera che mi ha colpito a sorpresa è questo kakemono di artista sconosciuto, datato seconda metà dell’ottocento, con rami fioriti. In tutto e per tutto un esempio di “copiatura” dello stile giapponese dei dipinti – rotoli, che potevano facilmente essere richiusi e trasportati – e dei soggetti classici naturali giapponesi, pensiamo ad esempio alle stampe di rami di pruni e ciliegi di Hiroshige. La particolarità risiede nel fatto che il kakemono è stato “vandalizzato” da artisti dell’epoca, che hanno composto e scritto haiku in francese direttamente sul kakemono, arricchendo di altra arte quella del dipinto stesso.

Sono rimasta per un quarto d’ora buono a leggerle tutte scoprendo con piacevole sorpresa la firma di Emile Zola in fondo al rotolo: “Une oeuvre d’art est un coin de la nature vu à travers un tempérament.” (Un’opera d’arte è un angolo di natura visto attraverso un temperamento. Si riferisce al fatto che l’artista interpreti quello che vede e ritrae attraverso il suo carattere. Per approfondimento, in francese, c’è questo saggio di Cuénat.)
Cosa mi ha colpito? La riproduzione di uno stile prettamente giapponese a cura di un europeo e la successiva trasformazione in una ulteriore opera d’arte attraverso la letteratura in cui vedo personalmente vedo un principio di futurismo.

Una menzione speciale per il particolare di questo dipinto chiamato “La Giapponese” che ritrae una fanciulla dai lineamenti caucasici in kimono. Mi ha fatto riflettere il modo in cui ella veste il kimono, palesemente sbagliato, troppo scollato sul davanti mentre copre la nuca, senza Ohashori ovvero il ripiego della parte eccedente all’altezza della vita, causando una sorta di strascico nella fanciulla. Abbinato al nome dell’opera mi indica una sorta di dileggio nel confronti della moda dell’epoca in cui tutti cercavano di riprodurre più o meno goffamente lo stile (opinione personale, ma mi diverte pensarlo).
Il catalogo della mostra

Vorrei spendere una parola sul catalogo della mostra Giapponismo, perchè l’ho trovato un volume molto ricco di informazioni, ben fatto e interessante sotto molti punti di vista: la sezione iniziale contiene circa 120 pagine di informazioni sul giapponismo, sulle varie declinazioni che ha preso a seconda del paese europeo di sviluppo, approfondimenti con esempi che riguardano molte opere che non sono esposte ma che meritano comunque una menzione.
La sezione delle opere vera e propria è completa di entrambi i periodi della mostra, cioè delle opere che sono in esposizione fino ai primi di dicembre e di quelle che lo saranno fino alla fine (26 gennaio 2020). Sono stampate grandi e ben definite, con la possibilità di ammirare i particolari. Inoltre a fine catalogo è presente la scheda di ognuna delle opere, con oltre alle informazioni di base, una spiegazione dell’oggetto e della sua collocazione storica.
Il catalogo si trova sul sito dell’editore Silvana Editoriale, su Amazon oppure allo shop a Palazzo Roverella.
Visitare la mostra Giapponismo
La mostra prevede una serie di eventi interessanti legati al giappone, dai laboratori di calligrafia e origami, fino a incontri sulle eroine dei film di Miyazaki!
Non perdeteli, a questo link potete trovare l’elenco.

GIAPPONISMO. Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860 – 1915
28 Settembre 2019 – 26 Gennaio 2020
Rovigo, Palazzo Roverella
Orari
da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 19.00
sabato, domenica e festivi dalle 9.00 alle 20.00
In copertina: George Henry, Geisha Girl.
1894, olio su tela.