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Mirai no mirai, la recensione: un film delicato e gentile di Mamoru Hosoda

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L’ultimo film di Mamoru Hosoda, Mirai no mirai, 未来のミライ – era già un successo prima di arrivare sul grande schermo. Già ad Agosto, un mese in anticipo rispetto alla prima al cinema giapponese, in giro per Tokyo si vedevano cartelloni di collaborazioni tra varie aziende e grafiche del film, questa mostra e un caffè a tema, compresa questa campagna di JR East che aveva per titolo City Up (e che guarda al futuro della nuova stazione di Tokyo). 

In Giappone è stato ovviamente un successo di pubblico fin da subito. In Italia è arrivato molto in fretta (un mese dopo!) grazie all’impegno di Nexo Digital e Dynit. E’ un peccato che questo tipo di eventi al cinema vengano relegati a pochi giorni e a orari principalmente pomeridiani, come se fossero rivolti solo al pubblico dei bambini. Questo è un film piacevole per tutti, ma sopratutto per gli adulti.

La recensione di Mirai no mirai

ATTENZIONE SPOILER!

Mirai no mirai in giapponese vuol dire Mirai (il nome della sorellina del bimbo) del futuro (che viene dal futuro). Effettivamente si può pensare che la storia ruoti intorno alla sorellina ma il vero protagonista è proprio Kun. 

Il film si apre con i titoli di testa che mostrano la storia della famiglia di Kun proprio al momento della sua nascita. Visto che la storia si basa sulla vicenda della nascita della sorellina di Kun, questo mi è parso molto simbolico, un gesto per rammentarci che anche Kun è stato un neonato e che i suoi genitori hanno dedicato tempo, moltissimo tempo a prendersi cura di lui, solo che non se lo ricorda. Ed è forse questa per me una delle basi principali del film. 

La storia però dicevamo si basa sulla nascita della sorellina e delle situazioni che Kun, un bimbo di circa 4 anni appassionato di treni, deve affrontare come tutti quelli che sono stati fratelli maggiori: l’arrivo di un nuovo membro della famiglia come una magia, le prime delusioni sull’aspettativa che la sorellina possa da subito diventare una compagna di giochi e di avventure, la gelosia verso i genitori che dedicano più attenzioni alla neonata, non essere più al centro dell’attenzione di casa e venire messi in qualche modo in secondo piano

Se vi siete ritrovati nelle situazioni di cui sopra e siete ora cresciuti, capirete perfettamente che un bimbo di quattro anni non ha gli strumenti per capire che è normale e che i genitori non ci vogliono meno bene, ma sono solo occupati a incastrare le attenzioni e le cure del neonato nel nuovo ritmo familiare. Genitori che magari si trovano in difficoltà perchè i bambini non e’ che nascano col libretto di istruzioni, quindi si ritrovano a fare quello di cui hanno esperienza o ne hanno vissuto e spesso subito: ad esempio la mamma che sgrida Kun come a sua volta veniva sgridata da sua madre e che una volta che se ne rende conto se ne dispiace immediatamente.

La sorellina viene chiamata Mirai dai genitori dopo una lunga riflessione sulla scelta del suo nome: in giapponese Mirai vuol dire futuro ed è intorno a questo concetto che si sviluppano i sogni ad occhi aperti di Kun. Il bimbo comincia ad avere quello che io interpreto come visioni ma che probabilmente sono solo il frutto della sua fantasia galoppante, che hanno per protagonisti principalmente una quattordicenne Mirai cresciuta.
La sorella è la sua guida, personaggio di cui rimane affascinato ma che presto impara a conoscere e sopratutto lo aiuterà a conoscersi e a crescere attraverso l’esperienza condivisa tra fratelli, con Mirai che lo guida alla scoperta della cooperazione, dell’affidarsi alla famiglia, della comprensione degli altri e della storia famigliare.

I viaggi mentali di Kun ruotano attorno alla figura dell’albero di casa, presente nel cortile, la quercia testimone e memoria della storia di famiglia, un esempio di quegli oggetti che sopravvivono alle generazioni e sono testimoni di situazioni e ciclicità della vita, tema molto caro a Hosoda insiema alla famiglia stessa. 
Kun incontra molti parenti, dal passato – e se stesso e la sua famiglia dal futuro.
La figura del bisnonno carismatico mi ha colpito su tutti: il bisnonno che lo spinge ad affrontare le proprie paure e che viene confuso da Kun con il proprio padre, il quale non riesce a passargli il coraggio di provare da solo la bici, preso ad occuparsi di Mirai. 

Il bimbo affronta anche le paure classiche della situazione: il perdersi e non riuscire a tornare più a casa, l’essere sgridati per aver fatto caos in casa e capricci, il sentirsi inadeguato rispetto a quello che viene chiesto dai genitori, ovvero essere “il grande di casa” e capire la situazione. Ma come può un bambino di 4 anni capire la situazione quando ha a sua volta dubbi e paure da risolvere? 
E’ questo che viene chiesto a Kun e a tutti i bambini del mondo quando nasce una sorellina (o un fratellino): uno sforzo di crescita.

La mia impressione? Mirai no mirai è un film delicato e a tratti commovente che propone domande che un bambino di 4 anni non dovrebbe porsi.
Un film che mi ha fatto riflettere sulla mia esperienza di sorella maggiore e che mi sarebbe piaciuto vedere a 8-10 anni, quando gli stessi problemi mi si sono presentati e non sapevo come affrontarli. 
Un film che consiglio a tutti, fratelli maggiori, fratelli minori, neogenitori in difficoltà e genitori stagionati di figli grandi, per riflettere sul loro operato. 
Lo consiglio anche ai figli unici, per permettergli di comprendere la ricchezza, l’amore e la complicità che porta un fratello o una sorella in casa. 

Mirai no mirai, la recensione: un film delicato e gentile di Mamoru Hosoda ultima modifica: 2018-11-05T19:06:03+01:00 da Chiara-san
Chiara-san
Chiara-sanhttp://www.foodandcrafts.it
Ama il Giappone in tutte le sue forme, quando non programma siti web, cucina, legge e cuce cosplay. Parla del Giappone anche mentre dorme.

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