Siamo andati a vedere in anteprima il film animato “La Forma della Voce“ che sarà al cinema solo il 24-25 ottobre 2017.
Attenzione, il testo contiene spoiler sulla storia, ma anche un bello spunto di riflessione sul bullismo e su come viene affrontato, anche in Giappone.
Bullismo. Disperazione. Depressione. Suicidio.
Ma anche amicizia, amore, aiuto, perdono. Questi i temi principali del lungometraggio poetico e coraggioso, “La Forma della Voce” della regista Naoko Yamada, scritto dalla sceneggiatrice Reiko Yoshida, già famosa per il film Ghibli “La ricompensa del gatto”.
Il bullismo è un tema molto discusso in Giappone. Miete infatti moltissime vittime all’anno. Chiunque può esserne vittima, anche se solitamente sono le persone più fragili e sensibili a subirlo, persone che non sono in grado di reagire e difendersi per carattere o corporatura. E in Giappone il sistema scolastico non aiuta. Spesso infatti, i professori fanno finta di niente o addirittura si aggregano al bullo. Solo ultimamente si sta iniziando a parlare del fenomeno e a combatterlo. Ma siamo ancora indietro, le vittime soffrono in silenzio e spesso compiono gesti irreparabili perché non si sentono adeguati alla società.
Quello che nessuno sa, però, è che il passo tra bullo e vittima è breve, molto breve. Quei pochi secondi che ci vogliono per formulare una frase. Quei pochi secondi per allontanarsi da quei gesti che fino a cinque minuti prima si trovavano tanto divertenti. Quei pochi secondi che ci allontanano da una punizione collettiva. Ed è allora che il bulletto rimane solo. Isolato. Vittima dei suoi stessi “scherzi”. È proprio questo che accade al piccolo Shoya Ishida, un ragazzino delle elementari che molestava la sua compagna di classe non udente Shoko Nishimiya.
Quando i giochi si sono fatti troppo pesanti e sono intervenuti gli adulti, Shoya è stato abbandonato dal suo entourage, anche dalla sua complice Naoka Ueno. È rimasto completamente solo con la sua sbruffonaggine, che però, con il tempo lo ha abbandonato e tutto quello che gli è rimasto è un gran vuoto interiore e l’incapacità di rapportarsi con gli altri. Addirittura di guardarli in faccia. Tutto ciò lo accompagnerà nella sua trasformazione da bullo a vittima. Per questo, infatti, verrà allontanato dai compagni e isolato. Le persone gli parleranno alle spalle, senza una reazione da parte sua.
Non è facile alzare la testa quando sei trascinato nell’abisso dei sensi di colpa.
Per questo, ad occhi bassi, Ishida decide alle superiori di provare a diventare amico di Shoko. La trova, le si avvicina, ma all’inizio fallisce. Lei scappa, ha paura. E come potrebbe non averne? Lui è stato il suo tormento.
Ma il tempo risana tutto, e poco a poco i due tornano ad essere amici, anche grazie all’aiuto della sorellina di Shoko, Yuzuru. È per entrambi una rinascita. Per Ishida in particolar modo. Cresce, interagisce con gli altri. Torna a vivere e a sperare. Nishimiya invece rimane profondamente segnata, anche se può non sembrare, poichè pare aperta all’amicizia di Ishida e degli altri compagni del gruppo.
Vede il suo essere sorda come un grosso ostacolo, si sente di peso. Sa di non essere come gli altri e non sa cosa fare. Fino alla sua decisione drastica. Tenta il suicidio. Vuole smettere di sentirsi di troppo, vuole “levarsi di mezzo”. Ma è proprio il suo amico “ritrovato” Ishida a salvarla. Shoko finalmente capisce, si dispera, cresce e alla fine si accetta.
È una storia di trasformazione e cambiamento quella che “La Forma della Voce” ci regala. Una storia fatta di paure, debolezze e scontri ma anche di forza, gioia e accettazione. Un insegnamento per tutti, grandi e piccini.
La trasformazione più grande, però, è probabilmente quella di Ueno, una bulla fin dalle elementari. La sua reazione alla condizione di Nishimiya è una delle peggiori. Le strappa numerosi apparecchi acustici, le parla alle spalle, la odia. La odia e glielo dice anche in faccia (col labiale). Solo alla fine Ueno cambia. Solo dopo aver compreso cosa un tentato suicidio comporti, solo quando ha quasi visto una ragazza porre fine alla sua vita per colpa di tutte quelle brutte parole, di quei gesti ostili, di quegli sguardi indifferenti che nel corso della vita le sono stati dati. Per colpa di tutte quelle piccole ferite che, sommate, si sono trasformate in un’enorme lacerazione.
È commovente vedere come, alla finedi tutto, anche Ueno torni sui suoi passi, impari il linguaggio dei segni e cerchi una rinascita.
Se c’è una cosa che ho imparato, guardando “La Forma della Voce”, è che una speranza c’è. Sempre. Si può imparare a stare insieme, ad accettarsi.
Ma prima bisogna imparare a comunicare, a guardare le persone in faccia e riuscire a essere semplicemente se stessi.