La Okamoto ha sfidato con la sua stilografica, l’imperante nazionalismo del primo novecento, impregnato di una comunicazione machista e aggressiva, preludio alle guerre mondiali, elevando l’ideale del sacro femminino, attraverso una rappresentazione estatica della realtà.
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Ci siamo imbattuti nella raffinata e opulenta Okamoto Kanoko, alla sua prima traduzione italiana, pubblicata dalla casa editrice indipendente Lindau. Affascinati dall’entusiastica prefazione di Dacia Maraini, abbiamo indugiato a lungo, curiosando nella storia della scrittrice.
Nata nel 1889 in una famiglia agiata, manifesterà, fin dai primi anni d’età, un talento innato per la letteratura. Sarà una delle prime donne a sfidare le rigide convenzioni nipponiche sul ruolo defilato della donna, opponendosi ad un matrimonio combinato per scappare con un nullatenente con cui andrà persino a convivere, fino alle nozze, successive alla gravidanza. L’indole trasgressiva della Okamoto arriverà al punto di convincere il marito a tollerare un menage à trois con un giovane amante. Frequenterà i migliori salotti letterari e scrittori del calibro di Tanizaki Jun’ichiro e Yasunari Kawabata. Sfiderà con la sua stilografica, l’imperante nazionalismo dei primi anni del novecento, impregnato di una comunicazione machista e aggressiva, preludio alle guerre mondiali, elevando l’ideale del sacro femminino, attraverso una rappresentazione estatica della realtà.
In questa edizione italiana, ci imbattiamo in tre racconti della Okamoto, legati da un unico comune denominatore, dato dalla presenza folgorante di donne. Donne di diversa estrazione sociale e culturale, capaci però di ispirare gli uomini.
In Frotte di pesci rossi, la Okamoto ci presenta un giovane allevatore di pesci rossi Fukuichi, invaghito della figlia del proprietario terriero, Masako. Questa passione, vagheggiata e ostacolata dal differente ceto sociale, diventerà motore di una più grande ossessione. Ispirato dalle parole di Masako, Fukuichi dedicherà tutta la sua esistenza, attraverso diversi innesti genetici, alla nascita di un esemplare perfetto di pesce rosso, tale da concretizzare l’ideale stesso della bellezza. Quando una tempesta si abbatterà sulle sue vasche, distruggendo il lavoro indefesso di anni di vita, Fukuichi si troverà al cospetto del suo fallimento esistenziale. Nel baratro della disperazione, avrà finalmente occhi per vedere.
Nel racconto Nel Settentrione, la Okamoto ci presenta Shiro, un ingenuo e sciocco beota che viene identificato dai commercianti locali come un Oguro sama, una delle Sette Divinità shintoiste della buona fortuna. Preso sotto l’ala protettiva da Ran, dolce e remissiva figlia di un commerciante, Shiro si renderà conto che per sposarla dovrà divenire un uomo meritevole. Si arruolerà, in una compagnia itinerante teatrale, nel ruolo di giullare. Ran rinuncerà, persino, ad un matrimonio, nell’attesa del suo ritorno.
In Genio Familiare, troviamo la storia più realistica. Una giovane ragazza, Kumeko, dopo gli studi universitari cittadini, deve far ritorno al suo paese natale per occupare il ruolo che era stato di sua madre e sua nonna, prima di lei, dietro al bancone di un ristorante. Si confronterà con lo sgretolarsi delle sue ambizioni ed emozioni, ricoprendo un gelido ruolo in cui già aveva visto avvizzire sua madre, solo per assoggettarsi alle convenzioni sociali. Il confronto con uno squattrinato artista, cliente abituale del ristorante, la porterà a scandagliare episodi del passato, rivedere il ruolo di sua madre ed affrontare, con ardore, il proprio destino.
Conclude l’opera, una biografia dell’artista a cura di Yuko Fujimoto.
Una volta abbattuta la barriera semantica, data da un linguaggio forbito, a tratti desueto, si può affondare nel mondo della Okamoto, ascoltando un messaggio potente che ci invita alla riscoperta del ruolo femminile. Lontani dall’urlato riconoscimento della parità di genere troviamo l’invito, di straordinaria attualità, a riappropriarsi di quella complementarità dei sessi che rende ricco il mondo.