È stata inagurata il 7 novembre la mostra Van Gogh: il mio Giappone, a cura di Mariella Guzzoni presso la Biblioteca Sormani di Milano. La mostra è piccola – un’unica sala – ma ben curata. Viene approfondito un tema di solito trattato superficialmente: il profondo rapporto di Van Gogh con l’arte e la cultura giapponese.
Nella seconda metà dell’Ottocento, dopo l’apertura del Giappone all’Occidente, si diffondono in Europa stampe, oggetti, fotografie di questo mondo fino ad ora sconosciuto. Gli artisti europei ne rimangono affascinati e nasce il cosiddetto Japonisme, che coinvolge tutte la arti, pittura, letteratura e musica. I pittori sono colpiti non solo dalle tecniche utilizzate – come il colore piatto e la bidimensionalità – ma anche dai temi trattati dagli artisti giapponesi, così legati alla natura e agli eventi atmosferici nonché alle beltà e alle rappresentazioni di scene di vita quotidiana.
Van Gogh non rimane estraneo a questa influenza, assorbe le novità introdotte dall’arte giapponese e le rielabora secondo il suo personale stile.
La mostra accompagna il visitatore nel percorso di scoperta della cultura giapponese del nostro Van Gogh. Nonostante fosse un collezionista accanito di stampe giapponesi – sappiamo dalle sue lettere che ne possedeva più di 400 – Van Gogh si lascia influenzare anche dalla letteratura contemporanea. Nella prima parte della mostra sono esposti libri che probabilmente possedeva, o comunque aveva letto, intrisi di atmosfere giapponesizzanti come Promenades Japonaises (Parigi 1878) di Emile Guimet e illustato da Félix Régamey, L’art Japonais di Luis Gonse (1883) e il numero speciale di Paris Illustré curato da Sigfried Bing (maggio 1886). Van Gogh rimane affascinato anche dalla lettura di Madame Chrysanthème di Pierre Loti, nelle lettere facsimile presenti in mostra vediamo un suo tentativo di riprodurre una cicala vista proprio in una pagina di questo libro. Non mancano infine alcune tavole de Le Japon Artistique, rivista mensile inaugurata nel maggio del 1888 da Sigfried Bing che tanto contribuì nella diffusione delle conoscenza dell’arte e della cultura giapponese. La Parigi di fine ‘800 è un contesto ricco di iniziative volte alla conoscenza di queste nuova cultura appena scoperta, Van Gogh la fa talmente sua che si ritrae anche da monaco giapponese. La curatrice presenta infine una sua scoperta: nel dipinto Scarpe del 1886 Van Gogh trasforma un laccio in un rametto che ricorda i rami degli alberi rappresentati in alcune stampe della serie Cinquantatré stazioni del Tokaido di Utagawa Hiroshige. Una scoperta curiosa che ci fa capire quanto Van Gogh fosse immerso nello studio di questa affascinante cultura. Fanno da cornice ai libri stampe di artisti giapponesi e un maschera, prestata dal Consolato Generale del Giappone, che possedeva uguale anche l’artista che ne parla in una delle sue lettere.
Una mostra che coinvolge e che approfondisce in modo entusiasmante il rapporto tra una grande personalità come Van Gogh e una grande cultura, quella giapponese.
La mostra è visitabile da lunedì a sabato dalle 9 alle 19.30 fino al 25 novembre 2017.